La scuola al tempo del coronavirus. «Abbiamo riscoperto un tesoro»


da Tempi.it, D. Gomarasca, 03 marzo 2020

«Il coronavirus ci ha fatto riscoprire che non basta trasmettere nozioni per potersi chiamare scuola e che questa è un tesoro prezioso da custodire». Chi l’avrebbe mai detto che dopo due settimane passate a casa, a causa delle direttive regionali che in Lombardia hanno ordinato la chiusura degli istituti per frenare l’epidemia, gli studenti avrebbero cominciato a rimpiangere le lezioni?

«Il coronavirus ci ha fatto riscoprire che non basta trasmettere nozioni per potersi chiamare scuola e che questa è un tesoro prezioso da custodire». Chi l’avrebbe mai detto che dopo due settimane passate a casa, a causa delle direttive regionali che in Lombardia hanno ordinato la chiusura degli istituti per frenare l’epidemia, gli studenti avrebbero cominciato a rimpiangere le lezioni? Per Daniele Gomarasca, coordinatore didattico della Zolla a Milano (che comprende scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado) e direttore delle medie nel polo di via Carcano, è stata una scoperta «commovente»: «Ho letto tanti interventi preventivi di presidi e direttori che profetizzavano questo esito, ma io non ho voluto darlo per scontato: ora posso dire che è vero», dichiara a tempi.it.

LA LETTERA: «MI MANCA LA SCUOLA»
A Gomarasca è appena arrivata la lettera di un’alunna: «Mi scrive che dopo la gioia iniziale per la vacanza inaspettata e per la possibilità di alzarsi alle 10 del mattino, ora le mancano gli amici, gli insegnanti, la scuola tutta. È felice però di come stiamo riuscendo a farci compagnia a distanza, continuando a camminare insieme».

Gomarasca non ha voluto proporre «ricette presuntuose o ipocrite per riempire a tutti i costi il tempo libero dei ragazzi», anche perché non basta mettersi davanti a uno schermo per «fare scuola»: «Un insegnante davanti a una telecamera che trasmette nozioni a ragazzi che ascoltano è un po’ poco per chiamarsi scuola», spiega. «Per qualche docente l’idea di parlare ininterrottamente può essere un sogno, ma per noi l’interlocuzione dei ragazzi è fondamentale. Non si può far lezione senza convocare la loro intelligenza».

LA CREATIVITÀ DEI DOCENTI
Per il momento, continua il coordinatore didattico della Zolla, «abbiamo voluto confidare nell’intelligenza e nella libertà dei ragazzi e delle famiglie, perché ognuno approfondisse nel tempo libero le proprie inclinazioni e talenti. Del resto, la speranza è di averli educati a questo tutti i giorni a scuola». Allo stesso tempo attraverso il portale della scuola «molti docenti hanno deciso di accompagnare i ragazzi nei modi più disparati». Ci sono le maestre che, per i più piccoli, «si sono filmate mentre leggevano storie nuove ai bambini». Ci sono poi i professori delle medie che hanno lasciato spazio alla fantasia: chi ha creato una playlist di Spotify scegliendo le canzoni «con i testi che sottolineano alcuni passaggi cruciali della storia del Novecento», chi ha scritto per l’occasione un racconto di fantascienza «dando vita con i ragazzi a un circolo letterario che animasse al meglio la loro intelligenza».

Se la chiusura delle scuole verrà prolungata, prosegue Gomarasca, «dovremo per forza inventarci una modalità adeguata per garantire le lezioni e un’interlocuzione reale con gli studenti». Intanto, «la nostalgia dei ragazzi per il nostro metodo di lavoro in classe ci fa capire che la nostra impostazione, centrata sul valore della relazione, è giusta e va migliorata. Puntare sulla convocazione incessante del pensiero dei ragazzi, nell’ambito di un cammino che insegnanti e alunni fanno insieme, è la natura della nostra scuola. Il coronavirus ci ha aiutato a capire che deve essere custodita e approfondita ancora di più».

@LeoneGrotti